1983 – Demolizione stabilimento Meriden: La Triumph è morta, lunga vita
alla Triumph!
Dopo gli ultimi anni di sofferenza tecnica e agonia finanziaria è
giunto il momento di concludere definitivamente la storia della
gloriosa casa produttrice di motociclette dal 1902. L’ultima Triumph
dell’era
Pre-Hinckley, una Bonneville 750cc, scende
dalla linea di produzione di Meriden nel gennaio del 1983. Pochi mesi
più tardi, il 26 agosto 1983, i lavoratori di ciò che rimane della
vecchia Triumph decidono per il fallimento della Meriden Motorcycle
Limited Cooperative. Nello stesso giorno Mr. Peat Marwick Mitchell, il
liquidatore incaricato dal tribunale, procede classificare e
valorizzare i beni della
cooperativa.
Il valore sommario del patrimonio è fissato a poco più di un
milione di sterline: circa £ 1.000.000 per lo stabilimento ed altre
£550.000 per il marchio e le varie attività in essere. Per la vendita
dello stabilimento Mr. Marwick si appoggia alla società di valutazione
Grimley and Sons. La Tarmac Homes, una società edile inglese
concorrente della "Bloor's
home" dello stesso John Bloor oggi proprietario di Triumph Motorcycles,
acquista il glorioso stabilimento di Meriden ed i relativi terreni. Lo
stabilimento rimane in uso alla cooperativa, come da accordi, fino al
novembre del 1983. Nel dicembre 1983 la storica fabbrica di Meriden
inaugurata nel 1942
viene demolita dopo oltre 40 anni di attività. Al suo posto la Tarmac
Homes costruisce un nuovo quartiere residenziale le cui vie sono
intitolate alle gloriose Triumph (Bonneville Close e Daytona Drive).
Nel frattempo il presidente della vecchia cooperativa Triumph, John
Rosamond, è in contatto con i possibili compratori del marchio Triumph
ed i relativi diritti. Sono interessati: i f.lli Castiglioni della
Cagiva, Mr. Teerlink di Harley-Davidson, due imprenditori non meglio
conosciuti (Mr. Shah e Mr. Hall), due consorzi indiani e
l’imprenditore edile inglese John Stuard Bloor (JSB).
Nel pacchetto proposto da Rosamond, oltre al marchio Triumph e alla
proprietà intellettuale, sono comprese anche tutte le attrezzature di
produzione e gli uffici contenuti all’interno dello stabilimento. Solo
i due consorzi indiani sono disposti a pagare l’intero prezzo richiesto
(£550.000) ma, a causa di problematiche burocratiche con il governo
indiano e la difficoltà di trasferire denaro dall’India
all’Inghilterra, l’accordo non viene portato a termine. Vista la
difficoltà di raggiungere il prezzo minimo fissato dal
liquidatore, si procede con dividere il pacchetto in vendita: la John
Law Machinery acquista le attrezzature degli uffici e parte delle
attrezzature di produzione nel novembre del 1983.
Gli interessati a quello che rimane del patrimonio della cooperativa
(marchio e proprietà intellettuale) sono John Bloor, la Racing Spare di
Les Harris (ex-fornitore Triumph) e il secondo consorzio indiano
rimasto in lista. Rispetto agli altri interessati, John Bloor ha una
marcia in più: è l’unico infatti che propone un piano per il rilancio
della Triumph con la promessa di mantenere la produzione nel West
Midlands. Molto probabilmente questo è il motivo principale per cui
sarà proprio John Bloor a vincere e ottenere i diritti sul marchio e
sulla proprietà intellettuale di Triumph.
Ma chi è John Stuard Bloor? Il quarantenne John Bloor nel 1983 è uno
degli uomini più ricchi d'Inghilterra. Ha costruito letteralmente la
sua fortuna partendo da zero. E' un imprenditore immobiliare e nel
fallimento della cooperativa di Meriden vede l'opportunità di
diversificare la sua attività. John Bloor non ha esperienza nelle
aziende di produzione e non guida da anni una motocicletta a causa di
un problema all’anca. Ma allora perché buttarsi in un simile azzardo?
Ricorda Bloor
"In the early
1980s I was watching the Japanese set
up automobile plants in the U.K. to take advantage of currency exchange
rates, and I thought the playing field might be getting more even for
manufacturing things again in Britain." (Nei primi anni 1980
stavo guardando i giapponesi costruire stabilimenti per la produzione
di automobili in U.K. per approfittare dei tassi di cambio, e ho
pensato che la potesse essere conveniente tornare a produrre in Gran
Bretagna). Secondo Bloor in Inghilterra c’è la possibilità di produrre
a costi ragionevoli e decide quindi di investire nel rilancio
dell’industria motociclistica inglese confidando anche nella forza del
marchio tanto amato dal pubblico negli anni ’60-’70.
1984 - Nasce la "Triumph
Motorcycles (Coventry) Limited"
Nel 1984 la "Bonneville Coventry Limited", la nuova società fondata da
John Bloor, acquista per circa £100.000 la proprietà intellettuale, il
marchio, i progetti in corso, parte delle attrezzature produttive e il
controllo totale delle attività legate alla vecchia Triumph. La società
con sede a Hinckley, 100% proprietà di Bloor, è catalogata nei
documenti ufficiali dell'epoca come azienda costruttrice di
motociclette, abbigliamento ed accessori. Dopo poco tempo l'azienda
cambierà ragione sociale in “Triumph Motorcycles (Coventry) Limited” e
John Rosamond, il presidente della vecchia cooperativa Triumph di
Meriden, viene nominato General Manager da Bloor.
Il primo compito di Rosamond è quello di reclutare altri ex-dipendenti
di Meriden coinvolti nei progetti in fase di sviluppo al momento del
fallimento. Fra i vecchi dipendenti assunti da Bloor e Rosamond
ricordiamo Gary McDonnell (nel 2009 ancora dipendente Triumph presso la
sede Australiana), Bill Beatty e Brian Baldwin nel reparto R&D,
Alistair Copland (1985) collaudatore, Martin Roberts che con Jones
aveva lavorato oltre un anno al progetto "Diana", il disegnatore David
Green e Gary Devine colui che realizzava a mano i filetti in oro sul
serbatoio.
Il team di Bloor si rivolge anche ad altre persone che precedentemente
lavoravano nel gruppo BSA/Triumph. In un intervista a Don Brown (ex
responsabile USA Triumph/BSA) si legge testualmente
"Nel 1985 quando
stavo facendo della consulenza per la nuova Triumph, John Bloor mi
chiese di pensare ad una nuova versione della Hurricane. Matt Guzzetta
(ex designer BSA) eseguì qualche bozzetto, ma il progetto venne
abbandonato".
Nei primi mesi del 1984 la nuova Triumph prova al banco il "Diana"
900cc bialbero raffreddato ad acqua, l'ultimo progetto sviluppato a
Meriden nel 1983, analizzandone i pregi ed i difetti. L'idea di base
del progetto è buona perché con minime modifiche consente tre
cilindrate diverse: 600, 750 e 900cc. Di contro il sistema di
equilibratura MBD è ingombrante, non piace esteticamente ed i primi
prototipi non sono molto affidabili. Al banco il 900cc non eroga la
potenza prevista dal progettista Jones (misurati 65CV contro gli 82
previsti). Le parole d’ordine di John Bloor sono Affidabilità e Qualità
per cui si decide di abbandonare il progetto e di ripartire da un
foglio bianco.
Oggi sappiamo all'incirca come andarono le cose, ma all'epoca giravano
soltanto voci che alcuni ex-dipendenti di Meriden si erano riuniti in
un anonimo edificio chiamato "Unit 14" in Colliery Lane a Exhall,
un’area sita a 7 km dal centro di Coventry, la stessa città dove nel
1891 fu costruito il primo stabilimento Triumph per la produzione di
biciclette! Si racconta che qualcuno avesse visto in Colliery Lane una
non ben definita motocicletta spinta a mano da Copeland un
ex-collaudatore di Meriden. Ci furono appostamenti ma nessuno riuscì a
rubare indiscrezioni o fotografie. Segreto assoluto. Si diceva che
questo gruppo di persone fosse stipendiato da "quel" John Bloor che
aveva acquistato il marchio, ma nessuno smentiva o confermava la
notizia. La nuova società sta pianificando le politiche per tornare a
giocare un ruolo di primo piano sul mercato mondiale.
Nel frattempo in Italia il 26 giugno del 1984 nasce la Numero Uno con
sede in un negozietto di un paio di vetrine all’angolo di via
Fioravanti e via Niccolini, zona Paolo Sarpi sede della vecchia
officina Ferrari di Crepaldi, ora diventata la China-town milanese.
Sarà la prima concessionaria Harley-Davidson d’Italia e, attraverso la
futura Numero Tre, la prima concessionaria Triumph italiana nel 1991. I
tre soci fondatori sono Max Brun, Roberto Crepaldi e Carlo Talamo,
quest’ultimo arrivato da Roma nel 1978 con la sua Triumph Trident 750
del 1973!
1985 - Bonneville 750
T140E Les Harris
Nel
1985 John Bloor, con i primissimi collaboratori, visita il Giappone
per studiare l'industria motociclistica nipponica e prendere contatto
con i fornitori di componentistica e attrezzature per la produzione.
Bloor & C. dopo aver visitato Kawasaki, Suzuki e Yamaha, si
convincono ancora di più che i progetti ereditati dalla precedente
cooperativa sono già obsoleti. Si rafforza quindi la decisione di
ripartire da zero.
Ma perché le case costruttrici giapponesi hanno in qualche modo aiutato
un potenziale concorrente? Ricorda Bloor:
"They were very open, but
they weren't scared of us. They must have looked at us and thought 'If
you can do it, good luck to you." (Erano molto aperti nei nostri
confronti, ma non erano spaventati di noi. Devono averci guardato e
pensato 'Se volete provarci… buona fortuna!”).
Il nuovo staff tecnico, dopo aver scartato il "Diana" di Meriden,
inizia a disegnare i nuovi motori della rinascita in collaborazione con
la Ricardo Consulting Engineers (la stessa società fondata da quel
Harry Ricardo che sviluppò la Triumph "Riccy" a valvole in testa negli
anni '20). La Ricardo, pur se non conosciuta dal grande pubblico, era
al tempo (e forse anche oggi) la più grande azienda di progettazione di
motori al mondo. Tra i suoi clienti figuravano negli anni '90 molte
case automobilistiche (Ford, GM, Renault e Volvo) e nel settore
motociclistico ci sono quasi tutte le case italiane oltre a Honda,
Kawasaki e Suzuki. Ricardo ha contribuito allo sviluppo del motore
desmo della Ducati 916 come al bicilindrico Aprilia/Rotax della RSV
1000 Aprilia. La Ricardo è specializzata nella progettazione attraverso
complessi software di sviluppo che permettono di risparmiare tempo e
risorse economiche necessarie alla costruzione dei prototipi. Nel caso
di Triumph, Ricardo ha contribuito allo sviluppo della parte superiore
dei propulsori. Tra i vari fornitori a cui si appoggia Triumph per la
costruzione dei
primi propulsori prototipo va ricordata la John Wilcox famosa per la
preparazione di motori da competizione.
Nel 1985 il team "Triumph" è composto da 12 persone. L'età media dei
collaboratori della nuova Triumph è inferiore ai 30 anni. David Green,
un disegnatore ex-dipendente di Merden, è assunto nella nuova Triumph:
David lavorerà sull’estetica del trecilindri montato sulla Tiger del
1994 e sulla linee della Thunderbird del 1995.
Gary McDonnel uno dei primi dipendenti della nuova Triumph assunto nel
1985 ricorda in un’intervista per Torque:
"Se qualcuno mi
chiedeva cosa facessi, dovevo rispondere che avevo un ruolo tecnico in
una società non meglio precisata. Mi hanno assunto nel reparto Ricerca
e Sviluppo come installatore/collaudatore. Il team ristretto aveva già
sviluppato in silenzio un motore quattro cilindri da 1200cc, usato
successivamente sulla Trophy e sulla Daytona. Quanto sono arrivato
(1985) stavano portando a termine il primo motore a tre cilindri
(900cc) destinato ai modelli Trophy, Trident e Daytona. Ho avuto la
fortuna di guidare la prima Trophy a tre cilindri, una sera. La moto
era completamente camuffata, ma guidarla per la prima volta è stato un
grande privilegio. Mi sono goduto ogni secondo del rilancio di Triumph,
dalle fatiche dei collaudi sul pavè al gelo dei lunghi giri di prova in
pieno inverno al tepore del sole di Jerez nella bella stagione. Eravamo
in pochi ma ben determinati a riportare la Triumph ai fasti di un
tempo."
1990 - Prototipo Trophy 1200 (scarico e specchietti provvisori)
1990 - Gary McDonnel in sella ad una Trophy 900 preserie
Nel frattempo per tenere vivo il marchio e garantire le parti di
ricambio per il vecchio parco circolante, John Bloor decide di
rimettere nel mercato la Bonneville affidando temporaneamente la
produzione alla Racing Spares del quarantacinquenne Les Harris. Harris,
che era
intenzionato ad acquistare la Triumph ma arrivò tardi dopo di Bloor, è
proprietario di un'azienda a Newton Abbot nel Davon specializzata in
parti di ricambio per vari modelli inglesi oltre che ex-fornitore
Triumph. Assieme alla licenza per produrre le Bonneville Harris entra
in possesso di parte del magazzino ex-Triumph e parte delle linee di
produzione del vecchio stabilimento.
Nasce la "Triumph Motorcycle by L.F. Harris (Rushden) Ltd" nella quale
sono assunti anche i due ex-dipendenti Triumph Brian Jones
(ex-progettista di Meriden) e John Birch. Nell'estate del 1985 la
Bonneville 750 T140E torna in produzione ad un ritmo di circa
quattordici moto a settimana.
Rispetto alle bicilindriche del 1983, le “nuove” Bonneville adottano
alcune modifiche già sperimentate negli ultimissimi modelli prima della
chiusura di Meriden come l’albero motore rinforzato, lo stesso montato
sulla TSS otto valvole del 1983. Nuovi sono i carburatori AMAL Mark 1,5
che rendono il bicilindrico più regolare ai bassi regimi. A causa della
chiusura di molti fornitori inglesi, tra cui il produttori di strumenti
Smiths, molti componenti sono di produzione italiana: impianto frenante
Brembo, sospensioni Paioli, manubrio Magura e i silenziatori
Lafranconi. La strumentazione è invece della francese Veglia. Le
colorazioni disponibili sono azzurro polvere, verde brillante
metallizzato, nero e rosso scuro metallizzato.
Alcune di queste Bonneville 750 T140 “Les Harries”, nella versione
americana con serbatoio a goccia e tipico manubrio a corna di bue,
arrivano anche in Italia grazie alla Numero Uno che ne importa circa 25
esemplari tra il 1985 ed 1986. Molto probabilmente è in questo periodo
che i soci della Numero Uno, ed in particolare Carlo Talamo, entrano in
contatto con John Bloor. Questo primo incontro getterà le basi, qualche
anno più tardi, per la nascita della Numero Tre la società con
cui i tre soci della Numero Uno inizieranno ad importare le nuove
Triumph di Hinckley in Italia.
1984 Dicembre Motociclismo - "Torna la Bonneville sul mercato"
1985-86-88 - Bonneville Les Harris: in centro l'annuncio della
commercializzazione
in Italia da parte della Numero Uno e a destra l'annuncio di fine
produzione)
1988 - Bonneville 750 T140E Les Harris
1986 - Progetto motori T300
In mancanza di uno stabilimento vero e proprio le prime attività di
test e sviluppo vengono portate avanti nella piccola sede in Collier
Street. Il nuovo progetto dei motori Triumph prevede inizialmente due
unità base, un tricilindrico 750cc e un quattro cilindri 1200cc, da cui
poi verranno derivate le altre due unità (trecilindri 900cc e quattro
cilindri 1000cc). Con la fine del 1986 tutta la gamma dei motori è,
almeno sulla carta, definita.
Durante la progettazione e lo sviluppo della nuova gamma, Triumph
inizia con il contattare tutti i vecchi fornitori molti dei quali non
sono più in grado di produrre componentistica moderna come ad esempio
la AMAL produttrice di carburatori. L’unica strada percorribile è
quella di rivolgersi a nuovi fornitori (per lo più giapponesi) in grado
di soddisfare le specifiche tecniche richieste. Fornitori che
collaborano molto con Hinckley: il produttore di sospensioni Kayaba,
per
citare un esempio, visita più volte l'azienda per aiutare a mettere a
punto le sospensioni dei nuovi modelli. Inizialmente il gruppo R&D
di Triumph condivide il CAD di
progettazione con il gruppo ROVER ma già nel 1993 gli uffici di
progettazione di Hinckley saranno dotati di software e hardware adatti
alla progettazione in casa di gran parte del veicolo.
1987 - Primo motore T300
(4 cilindri 1200cc) al banco e primi collaudi su strada
Nel 1987 il primo prototipo del motore da 1200cc a quattro cilindri
raffreddato ad acqua inizia a girare al banco per i primi test. Nel
corso dell’anno le prime unità del four 1200cc e del triple 750cc
vengono montati in alcune motociclette camuffate, si narra, con
carenature Kawasaki: iniziano i primi test
su strada.
Nel 1987 entra in Triumph l’ingegnere Stuart Wood (che ha partecipato
anche al progetto della Daytona 675 presentata nel 2005) il quale
inizia a
collaborare con la realizzazione dei motori e dei telai delle
prime moto di Hinckley. Di quei tempi ricorda
“Il punto è che
non stavamo riprendendo dal punto in cui si era fermata la vecchia
Triumph”, spiega Stuart.
“Sin
dall’inizio gli standard furono molto
alti, e ciò riguardava anche le persone che assumevamo per progettare e
sviluppare le moto. Non avevano necessariamente maturato esperienza in
campo motociclistico ma erano ingegneri altamente qualificati, pratici
e intuitivi. Dovevamo poter offrire da subito una gamma di moto; da qui
nacque l’esigenza della piattaforma modulare, benché sia impressionante
come le moto in realtà fossero diverse”, prosegue Stuart.
“C’erano tre
tipi di telaio e quattro motori: tre cilindri da 750 e 900 e quattro da
1000 e 1200, tutti con alesaggio da 76 mm. Eppure la Trident 900, ad
esempio, dava un’impressione del tutto diversa dalla Trophy 1200.”
“Un presupposto
fondamentale era che le moto fossero affidabili”,
spiega Stuart.
“La percezione comune
era che le vecchie Triumph
perdessero olio, benché gran parte di quelle voci fossero semplici
dicerie, e dovevamo affrontare la cosa. La questione fu subito
affrontata e nella fase iniziale ci assicurammo di aver compreso a
fondo tutti i fattori che determinavano se un motore fosse o meno
a tenuta: i giunti stessi, le guarnizioni, gli spazi tra i bulloni, la
rigidità delle flange, tutto. Si pensa sempre al peggio quando si sta
avviando qualcosa di completamente nuovo e sono sicuro che alcuni
nostri componenti fossero leggermente più pesanti rispetto alla
concorrenza, ma dovevamo essere certi di tutto.” D’altra parte
bisogna
ricordare che la nuova Triumph non aveva esperienza di progettazione
nel campo motociclistico e nemmeno gli avanzati software di simulazione
che esistono oggi.
“I telai erano trattati
con un’immersione elettroforetica e
verniciati a polvere”, spiega Stuart.
“Uno o l’altro trattamento
sarebbe stato sufficiente per raggiungere lo scopo, ma non potevamo
correre rischi. Siamo uno dei Paesi peggiori al mondo per quanto
riguarda il sale stradale e le nostre moto erano sottoposte a test
approfonditi su strada nel bel mezzo dell’inverno britannico oltre a
ulteriori verifiche in camere a nebbia salina, che possiamo ripetere
con precisione. Volevamo costruire moto eccezionali che i nostri
clienti potessero usare tutto l’anno.”
1988 - Inizio costruzione
stabilimento Hinckley e fine produzione Bonneville Les Harris
La
costruzione del nuovo stabilimento inizia nel 1988 a Hinckley, un paese
di circa 43.000 abitanti situato nel Leicestershire a trenta chilometri
da Birmingham e a poche miglia dalla gloriosa vecchia fabbrica. Nello
stesso periodo
le attrezzature per le linee di produzione vengono ordinate in Giappone
e Germania.
Nella primavera del 1988 Les Harris termina la produzione della
Bonneville dopo circa 1400 esemplari costruiti. Gli stampi dei carter e
dei cilindri sono oramai consumati e le nuove normative americane
richiedono sviluppi sul motore. Sono necessarie risorse economiche e
personali che John Bloor preferisce, giustamente, destinare alle nuove
motociclette. All’esterno si inizia a pensare che il marchio Triumph
sia destinato a scomparire: le vecchie Bonneville non sono più prodotte
e non si hanno notizie di nuovi progetti da parte della nuova
proprietà: tutte le attività di sviluppo di Bloor &C. sono infatti
svolte in gran segreto e nessuno ha idea di cosa stia bollendo in
pentola. Per due anni, dal 1988 al 1990, sul mercato non saranno
presenti motociclette di produzione inglese. In un articolo pubblicato
da Motociclismo di aprile 1988, Alberto
Pasi riporta "Bloor vuole produrre una nuova moto a quattrocilindri e
se non sarà con un motore inglese pensa di poter utilizzare dei
propulsori Yamaha". Ovviamente la stampa non era ancora a conoscenza
dei progetti segreti che Bloor ed i suoi uomini stavano portando avanti.
In una convention negli USA si ha la prima indicazione tangibile dei
nuovi progetti di Triumph: alcune fusioni dei futuri motori sono
mostrati per la prima volta all’esterno della fabbrica.
1989 - Arrivano le linee
di produzione
Nel 1989 arrivano dal lontano Giappone e dalla più vicina Germania le
linee di produzione che vengono assemblate nella Factory T1, il primo
stabilimento costruito ad Hinckley. Oltre alle classiche linee di
assemblaggio motori e veicoli è stato necessario, vista la mancanza di
fornitori inglesi specializzati nel settore automotive, attrezzare
Factory T1 in modo da essere autonomi in quasi tutti i processi
produttivi, uno per tutti il processo di nitrurazione per l’indurimento
degli alberi motore. L'investimento iniziale di oltre 200 miliardi
delle vecchie lire è interamente a carico di John Bloor senza
finanziamenti da parte di banche.
Mentre in fabbrica si lavora per preparare i reparti produttivi,
all’esterno si inizia a costruire la nuova rete vendita nei primi
mercati: Inghilterra, Germania e Francia.
1990 - La Triumph è
risorta: presentazione alla stampa (giugno a Hinckley) e al pubblico
(Salone Colonia a settembre)
La prima fase della ricostruzione dell’azienda inglese è terminata e lo
stabilimento di Hinckley è pronto per iniziare la produzione.
Dal 1983, anno in cui Bloor acquista i diritti di Triumph, al giugno
del 1990 non ci fu nessuna fuga di notizie o immagini dei prototipi.
Tutti erano ovviamente al corrente che la Triumph stesse preparando il
rilancio con nuovi prodotti, ma non c'erano conferme da parte
dell'azienda e di sicuro non ci furono foto rubate di prototipi o
racconti di avvistamenti. Nessuna fuga di notizie in oltre cinque anni
di sviluppo che potessero far immaginare un ritorno così in grande
stile: dal 1983 in un clima di assoluta segretezza Mr. Bloor riesce a
selezionare il personale, costruire lo stabilimento e
sviluppare da zero una nuova gamma di motociclette. Nessuna notizia sui
nuovi progetti doveva uscire dall'azienda da parte dei dipendenti, pena
il licenziamento.
Il 29 Giugno del 1990 John Bloor scopre le carte e apre le porte del
nuovo stabilimento di Hinckley a parte della stampa specializzata:
alcuni giornalisti selezionati, tra cui Roland Brown, sono invitati a
visitare il nuovo complesso industriale nel Leicestershire riempito di
impianti produttivi giapponesi e tedeschi all'avanguardia per i tempi.
Con l’occasione ai giornalisti presenti viene svelata in anteprima la
nuova gamma Triumph destinata a essere presentata al pubblico in
occasione del salone di Colonia da lì a pochi mesi.
Durante la presentazione sono anticipati i probabili nomi dei modelli
che però non verranno successivamente confermati: il modello non
carenato, la futura Trident, avrebbe dovuto chiamarsi "Roadster” mentre
alla futura Trophy era stato assegnato il nome provvisorio "Sportler".
I prototipi esposti non riportano nessun nome sulle carene ed anche le
livree non sono ancora quelle definitive. Da segnalare la sigla "T3/09"
sulle carene della futura Trophy 900.
Le foto scattate in questa occasione mostrano i prototipi della futura
Trident e della Trophy quest’ultima verniciata in rosso da un lato e in
bianco dall’altro per mostrare le opzioni cromatiche disponibili.
Rispetto ai modelli che andranno in produzione l’anno successivo si
notano alcuni componenti non definitivi: basamento del motore (mancano
le nervature di rinforzo sui cilindri), fanale posteriore, manubrio
Trident (che sarà più alto) e altri piccoli particolari. Nelle
previsioni degli uomini Triumph la motocicletta che avrebbe dovuto
vendere in maggiori numeri sarebbe stata la futura Trident 750 per la
quale veniva dichiarata una potenza variabile da 50 a 90 CV in funzione
del mercato di destinazione (per gli altri modelli invece le potenze
dichiarate sono molto vicine a quelle di produzione).
1990 - Ciclistica T300
1990 - Roadster 750cc (futura Trident 750)
1990 - Roadster 750cc (futura Trident 750)
1990 - T3/09 900cc (futura Trophy 900)
1990 - T3/09 900cc (futura Trophy 900) con livrea bicolore
1990 - Prototipi tre cilindri
Nel mese di luglio, subito dopo la presentazione in fabbrica riservata
ad un numero limitato di giornalisti, la Triumph invia alla stampa
specializzata la cartella stampa con le informazioni, ma nessuna foto
dei
prototipi che saranno esposti a Colonia. In Italia le
prime notizie sulla nuova Triumph si leggono sul fascicolo di Luglio di
Motociclismo.
1990 Luglio - Articolo di Motociclismo
I collaudatori sono nel frattempo al lavoro e stanno mettendo a dura
prova gli esemplari di pre-produzione della nuova gamma. Fra i test di
durata più significativi vanno ricordate le due settimane di prove
intensive sul circuito di Bruntingthorpe, che conta anche un rettilineo
di tre chilometri di lunghezza. I quattro piloti collaudatori non
riscontrano rotture o anomalie meccaniche e si dichiarano molto
soddisfatti sulle doti telaistiche dei mezzi. Durante i collaudi sono
eseguite prove comparative con le moto di concorrenza in particolare
con una Suzuki GSXR 1100.
Le nuove Triumph sono svelate al grande pubblico il 19 settembre del
1990 in occasione del salone motociclistico di Colonia dove è esposta
la nuova gamma mossa da moderni motori a tre e quattro cilindri: le
nude Trident 750 e 900, le gran turismo Trophy 900 e 1200 e le sportive
Daytona in versione 750 e 1000cc. Come succede in questi casi i
prototipi, assemblati interamente a mano,
sono completati la domenica prima del salone! Tutte le persone che dal
1984 hanno collaborato alla rinascita Triumph
sono invitate da John Bloor alla presentazione di Colonia.
1990 - Salone di Colonia - Lo stand del ritorno di Triumph
Le nuove motociclette sono costruite con molti componenti provenienti
dal Giappone visto che non esistono fornitori inglesi adeguati. Il
restante 70% della motocicletta è però è tutto "made in UK" a partire
dal telaio. I vari modelli hanno molto in comune fra di loro, ad
Hinckley infatti, hanno optato per un progetto modulare che permetta di
avere un’ampia gamma e allo stesso tempo costi di progettazione ridotti
e una produzione razionale.
Il pubblico di Colonia viene intervistato per sondare il gradimento dei
modelli con il seguente risultato: il 45% degli intervistati scelsero
la Trident , il 35% le Trophy ed il rimanente 20% le Daytona.
RIQUADRO TECNICO
GAMMA
Il motore di tipo modulare a tre o quattro cilindri è un'unità moderna
ed i linea con i tempi: testata, cilindri (inclinati di 15°) e
monoblocco in lega leggera, distribuzione a bialbero in testa con
quattro valvole per cilindro (diametro 32mm in aspirazione e 28mm in
scarico) e contralbero di equilibratura. Il raffreddamento è a liquido
mentre all'alimentazione ci pensano tre (o quattro) carburatori a
valvola piatta Mikuni a depressione da 36 mm. Le varie cilindrate sono
ottenute variando il numero dei cilindri e la corsa del pistone grazie
a bielle di lunghezza diversa: l'alesaggio è 76mm (casualmente lo
stesso della Bonneville 750cc), la corsa è 55mm ("corsa corta") o 65mm
("corsa lunga").In questo modo è possibile costruire quattro motori: un
750cc trecilindri corsa corta, un 900cc trecilindri corsa lunga, un
1000cc quattro cilindri corsa corta ed un 1200cc quattro cilindri corsa
lunga. Le versioni "corsa corta" hanno la compressione più elevata (11
contro 10,6) ed il diagramma di distribuzione più spinto. Potenze e
coppie dichiarate sono:
- 90CV a 10.500 giri e 6,79 kgm a 8.500 giri, con regime max di 11.000
giri per la Trident e Daytona 750
- 100CV a 9.000 giri e 8,15 kgm a 6.500 giri, con regime max di 9.500
giri per la Trident e Trophy 900
- 121CV a 10.500 giri e 9,0 kgm a 8.500 giri, con regime massimo di
11.500 giri per la Daytona 1000
- 141CV a 9.000 giri e 11,41 kgm a 8.000 giri, con regime max di 9.500
giri per la Trophy 1200
La ciclistica è incentrata su un insolito telaio monotrave a culla
aperta (passo 1490mm, angolo si sterzo 27° e avancorsa di 105mm)
realizzato in acciaio speciale micro-alleggerito (600MP) mentre le
sospensioni sono della giapponese Kayaba con al posteriore un sistema
progressivo "Tri-Link" (tripla articolazione). Il forcellone in
alluminio estruso è dotato di eccentrico per la regolazione del tiro
della catena. Va segnalato che il passo delle varie motociclette non
era uguale per tutti i modelli (circa 10mm di differenza): le
differenze sono dovute a forcelloni di differente lunghezza e
inclinazione di sterzo diverse.
Telaio (gran parte del), serbatoio, ruote, carrozzeria, cambio a sei
rapporti, frizione a comando idraulico, carburatori sono comuni per
tutti i modelli. Sono però disponibili due cruscotti (uno per le
Daytona ed uno per le Trophy e Trident), una forcella tradizionale da
43mm (regolabile per le Daytona ed una più semplice per le Trophy e
Trident) e due impianti frenanti (dischi flottanti da 310mm per le
Daytona e dischi fissi da 296mm per Trophy e Trident).
Alcuni componenti sono giapponesi (basamenti, cilindri, pistoni,
strumentazione, leve, forcellone,...) mentre altri sono inglesi come
parte della corrozzeria (by Polyeurea), serbatoio carburante, impianto
di scarico (Motoad). Provengono dal giappone anche l'impianto frenante
Nissin, le sospensioni Kayaba, i carburatori Mikuni, la strumentazione
Nippon Seiki e le ruote in lega Shin Nippon (società nata nel 1970 come
fornitore di ruote per Kawasaki). I blocchetti elettrici sono di
derivazione Kawasaki, così come altri piccoli particolari.
Il telaio è simile a quello della Kawasaki GPZ900R MY1984 (eletta
superbike dell’anno) e la cosa non stupisce visto che proprio in quegli
anni i tecnici della nuova Triumph hanno iniziato a lavorare sulle
nuove moto. Alcuni sostengono che le nuove Triumph, ed in particolare
il motore, sia una copia della GPZ citata precedentemente. E' fuori
dubbio che, quando il team inizia a gettare le basi per le nuove
moto,
analizzi quella che era la miglior motocicletta del 1984. Ma è
altrettanto vero che nello sviluppo dei modelli la strada intrapresa
dai tecnici inglesi si discosta dalla superbike giapponese:
posizionamento della catena di distribuzione a destra del motore (e non
nel centro), costruzione del blocco cilindri ed altro ancora.
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Dopo il salone di Colonia, le nuove Triumph sono esposte anche al
salone di Birmingham dove il pubblico inglese è entusiasta di vedere la
resurrezione del glorioso marchio inglese. Gary McDonnell ricorda:
"Gli
appassionati inglesi stavano aspettando per vedere le nuove Triumph.
Già prima che aprissero le porte la gente ha iniziato a gridare
Triumph... Triumph... Triumph! Le persone correvano da noi, saltavano
sulle moto, esultavano. Abbiamo potuto toccare con mano quanto
significasse il ritorno di questo marchio per i nostri connazionali".
Le nuove moto convincono per la cura degli assemblaggi, la qualità
costruttiva generale, il motore (erogazione, prestazioni, estetica e
carattere) e per l'affidabilità mentre il prezzo è in linea con la
concorrenza giapponese. La produzione Triumph punta alla qualità del
prodotto, utilizzando processi produttivi più costosi ma affidabili. Un
esempio è la lunghezza del test di corrosione che per Triumph doveva
superare le 300 ore mentre per la concorrenza ne erano sufficienti 250.
L'unico appunto che verrà mosso alle nuove Triumph, Trident a parte, la
mancanza di personalità che caratterizzava le inglesi di un tempo.
Con la fine del 1990 sono poste le basi per le rete vendita in UK,
Germania e Francia mentre la produzione inizierà nel 1991. Qui di
seguito le immagini delle motociclette estratte dal catalogo Triumph
ufficiale del 1990:
1990 - Triumph Daytona 750
1990 - Triumph Daytona 1000
1990 - Triumph Trident 750
1990 - Triumph Trident 900
1990 - Triumph Trophy 900
1990 - Triumph Trophy 1200
... e alcune immagini di
"Factory T1" il primo stabilimento di Hinckley sempre tratte dal
catalogo Triumph
ufficiale del 1990:
1990 - Triumph Factory T1
1990 - Triumph Factory T1
1990 - Triumph Factory T1 (Robot di saldatura automatica per telaio)
1990 - Triumph Factory T1 (Lavorazione automatica basamenti)
1990 - Triumph Factory T1 (Montaggio motori)
1990 - Triumph Factory T1 (ufficio tecnico)
1990 - Triumph Factory T1 (test motori)